Nella civiltà tecnologica si è rovesciato il rapporto tra attività operativa e attività contemplativa. Se prima vi era la predilezione a tenere in maggior conto il pensiero. Dopo che Cartesio ebbe basato la propria filosofia sulle scoperte di Galileo, la filosofia sembrò condannata a star sempre un gradino al di sotto della scienza e delle sempre più straordinarie scoperte scientifiche, di cui si è strenuamente sforzata di scoprire "ex post facto" i principi e di inserirli in qualche interpretazione generale della natura della conoscenza umana. Ad assurgere alla posizione prima occupata dalla contemplazione furono le attività del fare e del fabbricare - le prerogative dell'"homo faber". Oggi, più che mai, bisognerebbe pensare prima di agire, poiché la tecnologia ha messo nelle mani dell'uomo poteri prima attribuiti solo ed esclusivamente a Dio: dare la vita dal nulla e a far finire il mondo. Finchè questi si bilanciano tutto procede per il verso giusto. Tuttavia individua le radici del cambiamento nella scoperta dell'energia atomica, cioè l'invenzione di una tecnica che trae l'impulso da processi energetici nucleari .Infatti qui non vengono scatenati processi naturali ma vengono convogliati sulla terra processi che non sono presenti nella natura terrena. Tali processi derivano dall'universo che circonda la terra, e l'uomo li costringe in suo potere. L'orrore che si impadronì dell'umanità alla notizia delle prime bombe atomiche era l'orrore per quella forza proveniente dall'universo, e dunque nel vero senso del termine soprannaturale
Tali dispositivi si basano su processo di fissione nucleare. L'
energia che si libera nella reazione deriva dalla trasformazione di
massa in energia secondo la nota relazione di Einstein: E=mc2.
Nella reazione di fissione si liberano due o tre neutroni per
ogni atomo che si spezza; se questi determinano a loro volta altre
reazioni ( reazioni a catena ), questo processo si sviluppa in
progressione geometrica e si ha un tal numero di fissioni al secondo
da determinare un esplosione nucleare. Tale fenomeno avviene soltanto
quando la massa dell' uranio si trova al di sopra di una data massa,
detta massa critica.Per far avvenire una esplosione nucleare ( come
quella della bomba atomica ) si portano a contatto con un dispositivo
automatico a tempo due masse subcritiche di Uranio 235, in modo da
creare in quel certo istante una massa critica che esplode.
La
reazione di fissione nucleare fu prodotta per la prima volta nel 1938
dal gruppo di Fermi a Roma e dal gruppo di Strassmann a Berlino.
Molti fisici, come Otto Frisch e Leo Szilard,
intravidero possibili utilizzi militari. Nell'agosto del 1939, alla
vigilia della II guerra mondiale, Leo Szilard convinse Einstein a
scrivere una lettera a Roosvelt, in cui si avanzava l'ipotesi che la
Germania stesse sviluppando un'arma basata sulla reazione di fissione
e si sollecitavano gli Stati Uniti a perseguire lo stesso obiettivo.
In seguito a questa lettera Roosvelt diede vita al progetto
Manhattan, che divenne operativo nel 1941. A capo del progetto fu
messo J. Oppenehimer. Con lui collaborarono i migliori fisici
dell'epoca, da Fermi a Strassmann. Alla fine del 1942 arrivò il
primo grande successo: il 2 dicembre Fermi realizzò la prima
reazione difissione controllata dell'uranio. La strada per costruire
la bomba atomica era aperta. Leo Szilard, firmatario della lettera
insieme a Einstein, definì quel successo "un giorno che sarebbe
passato alla storia dell'umanità come una giornata nera".
Nell'estate del 1945 erano pronte 3 bombe. Una fu fatta esplodere a
scopo sperimentale nel deserto di Alamogordo, nel New Mexico. Nel
frattempo la guerra in Europa era finita. Benchè anche la guerra nel
Pacifico si stesse avviando alla conclusone, fu deciso di far
esplodere le altre due bombe sul Giappone. Il 6 Agosto 1945, alle ore
8.15, la città di Hiroshima fu distrutta. Il 9 Agosto fu la volta di
Nagasaki. Centinaia di migliaia di persone uccisa
ingiustificatamente. Fu la prima, e per ora unica, volta in cui si
usarono armi di distruzione di massa. Oppenheimer, giudicando quel
bombardamento un crimine, si dimise da capo dell'Atomic Bomb Project.
Per Einstein, pacifista convinto, fu una sconfitta dolorosa. Più
volte ebbe a ripetere
"se
avessi saputo, non avrei mai scritto quella lettera"
La
scelta di adoperare tali ordigni in guerra fu presa in maniera troppo
leggera specialmente se si considera in relazione alle catastrofiche
conseguenze allora peraltro in parte sconosciute. Il 5 agosto 1945,
quando il presidente Truman ordinò l'attacco su Hiroshima le uniche
informazione che si avevano tu tale arma derivavano dal “trinity
test” effettuato in New Mexico, tuttavia gli scienziati non avevano
ancora avuto il tempo di studiare tutti i potenziali rischi tanto che
il primo attaccò servì non solo per accelerare la fine del
conflitto ma come vero e proprio esperimento su vasta scala.
La Harendt non fu l'unica intellettuale a
riflettere sul potenziale distruttivo delle nuove tecnologie, persino
Italo Svevo nel finale de “La coscienza di Zeno” sembra pensare
che la “malattia” da cui è afflitto il mondo moderno sia causata
anche dai moderni ordigni costruiti fuori dal suo corpo. Con la
nascita di tali stumenti infatti si è perso il principio della
selezione “salutare” e con ciò l'umanità ha intrapreso un corso
contrario alla natura intesa darwinianamente. D'altra parte, però,
dichiara anche che l'uomo è inevitabilmente destinato alla
distruzione e all'estinzione. La conclusione del romanzo contiene
dunque una terribile accusa alla società e una prospettiva di
catastrofe per il futuro. L'unica via di guarigione dalla “malattia”
è un lieto fine paradossale, raggiungibile grazie ad un esplosivo
incomparabile che provocherà un esplosione così enorme che la terra
tornerà alla forma di nebulosa finalmente priva di parassiti e
malattie. Tale conclusione sembra quasi profetizzare lo sviluppo del
potenziale distruttivo degli armamenti militari che sfocerà appunto
nella bomba atomica.
Ciò
che oggi balza in primo piano nella nostra mente è naturalmente il
potere umano enormemente
accresciuto di distruzione, il fatto che siamo in grado di
distruggere tutta la vita organica sulla terra e un giorno saremo
probabilmente ingrado di distruggere la terra stessa. Tuttavia, non
meno pauroso e non meno difficile da affrontare e il corrispondente
nuovo potere creativo, il fatto di poter produrre nuovi elementi
mai trovati in natura. Allo stesso tempo, abbiamo cominciato a
popolare lo spazio che circonda la terra con stelle artificiali
creando, per così dire, in forma di satelliti, nuovi corpi celesti;
e in un futuro non molto lontano saremo forse in grado di compiere
ciò che i tempi passati consideravano il più grande, il più
profondo, il più sacro dei segreti della natura, creare o ri-creare
il miracolo della vita.
L'uomo
da sempre ha intrinseca nella sua indole la spinta a riprodurre la
vita artificialmente. Al giorno d'oggi questo è stato reso possibile
dallo sviluppo delle biotecnologie quali la fecondazione artificiale
o addirittura la clonazione. Tuttavia io per la mia tesina ho deciso
di dedicarmi ai presupposti scientifici ad oggi noti che potrebbero
permettere in futuro di generare una vita umana in modo autonomo. In
primo luogo grazie allo studio avanzato delle cellule staminali, che
come tutti sappiamo sono le cellule “base” da cui si originano
tutte le cellule specializzate, oggi siamo in grado di rigenerare
tessuti che altrimenti non sarebbero rinnovabili. Alcuni gruppi di
ricerca sono andati ancora più avanti ponendosi come obbiettivo
quello di ricreare una cellula dal nulla, o meglio da una sequenza
genetica artificiale. Con questo primo passaggio si potrebbe quindi
ottenere la materia prima su cui lavorare. Tuttavia rimane il
problema di infondere la “vita” a tale tessuto. La risposta a
tale problema potrebbe trovarsi engli studi di Luigi Galvani. Era il
lontano 1781 quando Galvani, nel suo laboratorio domestico, aveva
"preparato" una rana, con i nervi crurali e il midollo
isolati, posta ad una certa distanza da una macchina elettrica.
Durante lo scocco di una scintilla uno dei suoi assistenti toccò per
sbaglio con un bisturi il nervo crurale interno della rana e ci fu
un'intensa contrazione dei muscoli delle zampe dell'animale. Galvani
rimase impressionato da questo evento e decise di approfondire e
tentare di spiegare questo fenomeno. Ipotizzò quindi una relazione
fra elettricità e vita, definita “elettricità intrinseca
all'animale” che produce la contrazione dei muscoli, e decise di
condurre esperimenti su rane, osservando il movimento dei muscoli in
relazione alla carica elettrostatica con cui venivano toccati. Per
Galvani, il muscolo della rana, oltre ad essere un rivelatore
sensibilissimo era dunque un "serbatoio" di elettricità.
L'ipotesi di un'elettricità animale è stata confermata dagli studi
elettrofisiologici che sono stati condotti negli ultimi secoli.
Infatti una tale elettricità è presente in tutti gli esseri viventi
e, come pensò Galvani, essa esiste in uno stato di disequilibrio
prodotto da gradienti di concentrazioni e pompe proteiche. Oggigiorno
viene chiamato potenziale di membrana, ma a quel tempo era difficile
immaginare che la conduzione nervosa derivasse da un flusso elettrico
presente nel nostro organismo in grado di stimolare e di essere
stimolato.
Un ruolo secondario in questi studi lo ebbe il nipote di
Galvani,Giovanni Aldini che, tra il 1802 e il 1803, a Londra eseguì
degli esperimenti su cadaveri umani e animali con l'intento di
riportarli in vita: collegava elettrodi a teste umane mozzate
ottenendo delle raccapriccianti deformazioni dei volti e l'apertura
delle palpebre. Invece, se gli elettrodi venivano collegati a corpi
decapitati, come risultato si avevano vere e proprie convulsioni e
movimento degli arti. Aldini d'altronde, si rese subito conto che le
scariche elettriche non avevano effetti sul cuore, rendendo così
impossibile la rianimazione dei cadaveri, e allora ben presto decise
di abbandonare questi studi. Ma l'importanza di questo stravagante
personaggio sta nel fatto che proprio dai suoi esperimenti Mary
Shelley trasse ispirazione per il personaggio di Frankenstein, in cui
veniva usata una forte scarica elettrica per riportare in vita a
creatura.